Perché “A World in a Cup of Tea”

Benvenuti nel mio blog.

Finalmente, passo dopo passo, questa pagina prende vita. Da qui vi terrò informati sulle mie attività, sul mondo dell’interpretariato, delle traduzioni e della comunicazione in generale. E, perché no, condividerò con voi spunti e riflessioni.

Chi mi segue da tempo sa che sono già attiva da più di un anno su Facebook con la pagina A World in a Cup of Tea, progetto che oggi culmina in questo sito.

Ma dove nasce questa idea?

Negarvi che alla base vi sia la necessità di un po’ di sano self-marketing sarebbe un bel po’ ipocrita e risulterebbe anche melenso a mio avviso. Quel che è altrettanto vero, però, è che l’autopromozione è stata solamente la spinta di partenza verso qualcosa di più ampio. Condividendo con un bacino eterogeneo di follower contenuti relativi alla mia vita da freelancer mi sono resa conto io stessa di come le strade a cui ti possano portare le lingue non siano solo infinite, ma anche per lo più sconosciute. (Basti pensare agli infiniti articoli che tentano ancora oggi di risolvere la millenaria querelle sulla differenza tra traduttore e interprete).

Tornando a me. Più condividevo le mie esperienze, più mi rendevo conto di quanto fossero variegate e capillari. Una miscellanea. Un po’ come una tazza di tè. Una bevanda all’apparenza monocromo ed omogenea, ma composta in realtà da una ricca e preziosa miscela. Una bella tazza fumante – già di per sé oggetto iconico richiamato dal cinema alla letteratura – contiene e sprigiona una vastità di odori, sapori, aromi e colori. Un’esplosione di elementi che, insieme, creano qualcosa di unico e irripetibile, anche se esiste e viene tramandato da secoli. Proprio come una lingua.

Una tazza di tè, come una lingua, contiene, al suo interno, un intero mondo. A World in a Cup of Tea, appunto. Un piccolo gioco di parole – un pun come direbbero gli inglesi – che è nato in me a partire da uno dei miei modi di dire britannici preferiti, nonché uno dei primi che ho imparato in assoluto durante un soggiorno linguistico in Inghilterra all’età di 11 o 12 anni: A Storm in a Teacup.

La struttura idiomatica originaria ha in realtà un significato negativo, traducibile in italiano con “tanto rumore per nulla” o meglio parafrasabile con “tanta agitazione per un un nonnulla” , “un litigio di poco conto”, “farsi prendere dal panico senza apparente motivo”. Ma perché non guardare al risvolto positivo della medaglia? Una situazione o un oggetto apparentemente banali possono racchiudere, in realtà, storie e valori preziosissimi. Ci possono raccontare interi mondi.

Una tazza di tè che, anche se ormai è parte della nostra quotidianità, ha origini antichissime ed è composta da miscele raccolte in ogni angolo del mondo.

Allo stesso modo, una lingua, anche se noi la diamo per scontata, è il risultato del sedimentarsi della storia di popoli e culture, nonché l’oggetto in divenire delle nostre società in continua evoluzione.

Così, il lavoro di un traduttore o di un interprete, apparentemente azione meccanica, è in realtà frutto di anni di studio e di sacrifici, di costante di ricerca e vigile attenzione.

Ma non è solo una questione dell’oggetto in sé, bensì dei rapporti e dei legami che esso può creare.

Un tè può essere gustato in un momento solitario di relax o riflessione, ma può essere anche un buona scusa per riunire amici, parenti o colleghi attorno a tavolo a chiacchierare. Oggetto di quella Gemütlichkeit tanto amata e insita nello spirito tedesco da essere praticamente intraducibile. La gioia di stare insieme in un’atmosfera calda e accogliente, di socievolezza. Come quella che può creare la conoscenza di una lingua.

Perché è bello sì studiare nuove lingue per il gusto di conoscerne strutture e per un po’ di pure amore filologico, ma che senso ha farlo come mero esercizio fine a se stesso?

Se parli con un uomo in una lingua a lui comprensibile, arriverai alla sua testa. Se gli parli nella sua lingua, arriverai al suo cuore.

Così diceva Nelson Mandela. Ed è più che mai vero. In ogni contesto. Dalla semplice socializzazione, alla mediazione culturale o al business. La fiducia dell’altro si conquista con tanti piccoli gesti, ma la lingua è uno dei più importanti.

Certo non possiamo parlare tutte le lingue al mondo. Per questo ci sono gli interpreti e i traduttori. Che vi permettono di arrivare al cuore della gente, o viceversa permettono al resto del mondo di toccare il vostro di cuore. E, se sono veri professionisti, lo fanno creando quella Gemütlichkeit – quella sensazione di casa – che solo una buona tazza di tè (o la nostra lingua madre) possono infonderci.

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